ANTONIO CILLIS

L’artista Antonio CIllis partecipa alla prima edizione della Biennale Internazionale di Arte Contemporanea a Potenza

La mostra resterà aperta dal 5 settembre fino al 16 novembre


Dal figurativo all’astrattismo, una gamma ampia delle espressioni che caratterizzano oggi la scena artistica con pittura, scultura, fotografia, disegno, grafica e digitale in mostra al museo provinciale di Potenza. Prima della inaugurazione c’è stato un incontro per presentare le finalità del progetto. Ottanta gli artisti, provenienti anche da altre nazioni, che hanno aderito all’invito della “Lucana Art Commition” presieduta da Raimondo Andreolo e dal professor Vincenzo Claps che ha curato l’allestimento con una selezione di opere di alto valore che raccontano la realtà attraverso uno sguardo particolare.
Fonte: Altobradano.it



Prima Biennale d’arte contemporanea della città di Potenza. 5.Settembre.2019-Relazione di Raimondo Andreolo (ARPA)
– Perché una Biennale a Potenza, cosa vogliamo dire e a chi con una Biennale che, messa sù con tante difficoltà, consta di alcune deficienze strutturali tra le quali si cita anche l’assenza di artisti lucani eccellenti, artisti storicizzati e affermati non solo in ambito extra-regionale ma, in alcuni casi, anche internazionale? Perché queste eccellenze mancano? E chi sono i presenti? Cercherò nel mio piccolo di dare una risposta.
Per capire la genesi di questo evento bisogna ricorrere alla nostra atavica piaga sociale dell’emigrazione. Chi necessariamente è emigrato nel Nord Italia e in Europa è venuto in contatto con la cultura occidentale che è cultura scientifica, tecnologica e post-moderna marcatamente segnata dal consumismo, dalla necessità del successo e dalla competizione di mercato. Nel contatto con questa civiltà il contadino e il bracciante lucano si è presentato con la sua cultura d’origine legata alla coltivazione della terra e che è costellata dai miti della magia e del brigantaggio, quindi propensa alla ribellione sociale e all’aspirazione spirituale.

Il paradigma della modernità è fortemente presente nel centro-nord italiano e nei restanti paesi europei che sono nati e formatisi dalla rivoluzione industriale di fine Settecento. Da noi è assente, nonostante la scuola e i sistemi di comunicazione e di acculturazione indiretti e di massa si sforzino a divulgare e a proporre. Qualcosa, di quel meccanismo d’industrializzazione iniziato a fine Settecento e sviluppatisi nell’Ottocento, nel Sud si è inceppato. Mi limito a citare questa constatazione demandando ad altre fonti la comprensione delle cause. Il nostro Sud, a causa della cristallizzazione della sua antica civiltà e della mancanza di sostituzione con un’altra, segna un percorso di crescita identitaria che si caratterizza con altre specificità valoriali e culturali.

Qui da noi si vive in paesini piccolissimi a strettissimo contatto con le zolle della campagna e con quegli spicchi incantevoli, di luce e di respiro dell’anima, che sono i nostri cieli colorati e magnificamente infiniti che, a qualsiasi ora del giorno, bombardano di mistero e di progetti le nostre fantasie rimaste agricolo-pastorali e pagane. Sarà solo con l’emigrazione degli anni Sessanta del Novecento che le generazioni contemporanee scoprono la modernità metropolitana e le specificità della società industriale. Queste scoperte, legate alla civiltà delle macchine, s’insediano sul sistema valoriale originario che poggia sull’antica base della cultura contadina. Da questo innesto e scambio di civiltà spunta fuori una modernità nuova, di cui paradossalmente sono portatori gli emigrati del Sud. Le conseguenze culturali dell’emigrazione, che è grande motivo di sofferenza e di solitudine sia familiare sia sociale, sono qui proposte come valori aggiunti.

Va anche detto che nel terzo millennio qualcosa di epocale e di dimensioni molto più generali è cambiato nel sistema arte. Questa Biennale d’inserisce, perciò, anche in un contesto epocale specifico che ha avuto origine in Occidente verso la fine dela seconda metà del Novecento e che è legato all’accesso di massa delle popolazioni alla cultura.
In Italia, in particolare, l’alfabetizzazione culturale ha avuto inizio a far data dalla nascita della scuola media unificata del 1962 e, a proseguire, si è sviluppata e ha messo radici con l’accesso alle Università e alle Accademie dagli anni Ottanta in poi. Tale circostanza sociale ha dato origine ad una vasta popolazione che ha cominciato ad avere accesso e dimestichezza col mondo artistico che, oggi, non è più storicamente individuabile soltanto quale frutto e conseguenza elitaria di chi nei secoli precedenti, avendo l’attitudine, poteva permettersi di dedicarsi all’arte (fatte le dovute pochissime eccezioni) soltanto perché poteva associare alla sua attitudine anche la possibilità economica di non avere preoccupazione alcuna di sopravvivenza.
Oggi l’arte non è più elitaria. L’attitudine e le capacità tecnico-estetiche, l’eccellenza innovativa nei segni e nel significato sono sempre attribuibili ad personam ma non sono più di facile e scontata attribuzione e individuazione. E le regole del mercato dell’arte occidentale, da sole, sono anacronisticamente insufficenti nello spiegare e capire la nuova natura di massa legata alla partecipazione e alla produzione artistico-creativa contemporanea. Voglio dire, carissimi amici, che l’arte non è solo un mercato, non è neanche solo espressione di èlite sociale, l’arte è tensione e progetto esistenziale, è filosofia dell’essere e quindi appartiene a tutti, nessuno escluso, appartiene anche a questo piccolo, lontano e insignificante posticino geografico chiamato Potenza e Basilicata che, seppure piccini sul mercato, hanno però diritto di esistenza sul piano dell’essere. Hanno il diritto universale a dire, a sapere, a far vedere, a produrre e a cimentarsi sul piano estetico-creativo. Ne hanno facoltà. Sono luoghi di esseri umani, innanzitutto, simili a tutti e a nessuno escluso. La priorità, nell’arte, è determinata solo dall’essere e non dall’avere. Il mondo del mercato, del successo miliardario delle aste metropolitane e delle star artistiche lo lasciamo a Venezia, a Milano, a Londra, a Parigi o a New York. Non è il nostro mondo.

Noi qui vogliamo essere alla pari con la dignità di esprimerci in nome e per conto dell’estetica e dei suoi valori creativo-artIstici. Questo è il significato della prima Biennale d’arte contemporanea di Potenza. Non proponiamo mercato o distinzioni tra serie A e serie B o C ma proponiamo il valore antropologico e culturale della creatività di una terra che affonda le sue radici altrove, nel mondo pagano della magia animistica e pre-scientifica, eppure è terra moderna perché la sua diversità antropologico-valoriale, andando contro-corrente, risulta un valore aggiunto nel mondo della globalizzazione.
Non siamo qui per competere con le metropoli occidentali sul piano mercantile-finanziario, su questo campo siamo gli ultimi e siamo perdenti perché non è questo un campus appartenente alla nostro civiltà e, quindi, non lo conosciamo né lo vogliamo scimmiottare. Semplicemente non ci interessa perché la nostra cultura di origine e nella quale ancora vi sguazziamo dentro, anche soffrendo, è altra, ed è anche a-storica. Eppure siamo qui come primi tra tutti i primi del mondo perché non c’é competizione nel mondo dell’essere. In questo mondo, quello dell’essere, (dell’essere anche pagani e anti-storici) a differenza di ciò che succede nel mondo dell’avere e del mercato, nessuno è secondo a nessuno perche’ non esistono né i primi e né gli ultimi. Questa è l’intima natura dalla quale ha avuto origine la biennale di Potenza. Raimondo Andreolo Presidente Lucana Art Commission.

Fonte:Canio Franculli

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